La bellezza e la drammaticità del calcio racchiuse nei 120' più i recuperi di Cittadella. E' la sintesi della storia di una squadra che quando fa emergere i cromosomi battaglieri, è capace di tutto

SCHIENA DRITTA E PETTO IN FUORI: COSI’ IL FROSINONE E’ IMBATTIBILE

E adesso i 180' con il Pordenone per ripetere solo la parte migliore della partita vinta al 'Tombolato'. Anche nell'altra semifinale tra Spezia e Chievo si annuncia spettacolo. E il Pescara si tuffa allo spareggio col Perugia, per Oddo è sfida fratricida
 In Il Punto

E’ la storia del Frosinone, signori e signore. Affascinante e drammatica allo stesso tempo, con le differenze che spesso si annullano e vanno ad accavallarsi tra loro in una magia irripetibile di umori, colori, sensazioni, pathos. Una storia in cui la sofferenza è il comune denominatore dei tempi: anche nella gioia, tanta sofferenza. Immensa. Perché così è più bello che mai. Come la gioia irrefrenabile patita nello stadio dei sogni giallazzurri, il ‘Piercesare Tombolato’ di Cittadella. La gioia che ha messo a nudo la voglia di vincere di una squadra troppe volte vittima solo di se stessa. Una squadra che nello stadio veneto ha raccattato forze e idee per questo rush finale sempre più complicato da decifrare. Il Frosinone, proprio quando nella casella di una delle semifinali dei playoff della serie B avevano iniziato a scrivere il nome della squadra veneta quale avversaria del Pordenone, si è aggrappato alle forze e idee residue e alla magia di Pinturicchio-Ciano. Il pallone che scende morbido laddove il fantasista giallazzurro si era posizionato quatto quatto, fuori dalla tonnara dell’area di rigore al 121’ di una partita da infarto. E poi il corpo di Ciano che si piega in maniera armoniosa quel tanto che basta per permettere al sinistro di diventare mefistofelico e regalare una gioia cercata e per questo incontenibile. Il nome Cittadella cancellato rapidamente dalla casella, dentro il Frosinone contro il Pordenone che magari aveva fatto già la bocca all’avversario in maglia granata.

TRE PARTITE IN UNA – Perché, come era stato scritto e riscritto, di giocare contro la squadra di Nesta nessuno se lo augura. Ha classe e fantasia da vendere e se riesce ad abbinare anche la dose di ‘garra’ giusta, possono essere dolori per tutti. Un Frosinone a tre facce quello di Cittadella: per 45’ il solito timido, impacciato anche confusionario, baricentro basso, attaccanti lasciati su una zattera senza viveri, centrocampo lento a leggere gli accadimenti e far circolare la palla e per chiudere difesa esposta alle intemperie. Poi la scintilla al punto di non ritorno, grazie al minuto in più recupero (Paleari, grazie) oltre ai due già concessi dall’arbitro Sozza nel primo tempo. E un’altra partita nella ripresa, il pareggio, le occasioni da una parte e qualcuna anche per loro. Quindi ‘brutti, sporchi e cattivi’, esattamente come il film ambientato negli anni Settanta nella periferia romana. Perché quando il gioco si fa duro, il Frosinone c’è sempre.

Cancellare subito tutto, cambiare chip e sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda del Pordenone. E’ una semifinale. E l’accesso alla finalissima si gioca nell’arco di 180’. Senza supplementari, senza rigori. Senza guardare opportunamente a quello che è stato durante la stagione regolare con i diretti avversari. Il Frosinone non ha il favore di giocare in casa la gara di ritorno, eventualmente non lo avrà mai da qui alla fine e già sa che la qualificazione dovrà andarsela a sudare in quel di Trieste. La formazione di Tesser è  stata ai vertici della B per l’intera stagione ed ha dei valori importanti. Di fronte, domenica sera al ‘Benito Stirpe’, ci saranno una retrocessa dalla serie A e la neopromossa dalla Lega Pro. Dall’altra parte si gioca Chievo-Spezia (sabato alle ore 21): un’altra retrocessa dalla massima serie e una formazione da diverse stagioni di grande impatto sulla serie B. Una curiosità: da ben sei stagioni almeno 1 squadra retrocessa la stagione precedente dalla serie A  poi risale al termine del campionato di B. Solo nel 2012-’13 non ce ne fu nessuna: retrocessero infatti Palermo, Siena e Pescara e risalirono in A Sassuolo, Livorno e Verona. E in precedenza, dal 2000-’01 al 2011-’12 almeno 1 squadra retrocessa è risalita l’anno successivo, con punte di 2 (2008-’09 e 2010-’11) e 3 (2000-’01). Storia, come quella che il Frosinone vuole provare a riscrivere. Non sarà facile ma la sfida l’ha lanciata la squadra che Nesta potrebbe aver messo a punto – anche tatticamente, aspettando che si svuoti l’infermeria – per un gran finale agostano. La variabile impazzita, quella che al punto di non ritorno ha permesso di tirare fuori tutto il genio e la sregolatezza della grande squadra che sa di non avere più nulla da perdere.

GLI ALTRI SPAREGGI – Nella semifinale di Verona, l’Empoli di Pasquale Marino completa il harakiri stagionale, sbagliando due rigori e pareggiando ai supplementare una partita da vincere. Il Chievo – che a sua volta ha fallito un penalty – pareggia 1-1 col brivido e Aglietti strappa il passaporto per la semifinale di sabato contro uno Spezia caricato a mille. Intanto il Tribunale delle Imprese del Coni ha detto stop al Trapani: il -2 in classifica rimane, il Pescara tira un sospiro di sollievo e ora va a giocarsi il doppio confronto fratricida con il Perugia per l’ultimo posto in Lega Pro. Due squadre che hanno avvicendato tre volte a testa la panchina, con il pescarese Oddo alla gestione-bis dopo l’infruttuoso interregno di Cosmi. Per Oddo un tuffo da far tremare i polsi: è di Pescara, col Pescara ha vinto il playoff di serie B qualche stagione fa ed ora si ritrova a battagliare l’ultimo posto tra i Cadetti contro il proprio dna. Esattamente la bellezza e la drammaticità del calcio.

Giovanni Lanzi

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