IL ‘PROF’ GIANLUCA CAPOGNA, QUALITA’ FA RIMA CON UMILTA’: “Il FROSINONE E’ LA MIA CASA”

Laureato in Scienze Motorie e Fisioterapia, dal 2006 nel Club giallazzurro ha lavorato con tutti gli staff: "Di tutti ho un gran ricordo". I ringraziamenti: "Al direttore Salvini e al presidente Stirpe: mi hanno dato sempre fiducia". La festa più bella di compleanno: "E' il 15 maggio, il giorno dopo andammo in serie A la prima volta". Il rapporto speciale: "Con i ragazzi del '93, tra questi Gori e Paganini"
 In Primi Piani

Pane e sacrificio. Sudore, gioie e lacrime. Umiltà dalle radici. Il professor Gianluca Capogna è giallazzurro nel cuore e ciociaro doc: è nato a Veroli il 15 maggio del 1981 ma fino al giugno 2016 – quando è convolato a nozze con la signora Paola – ha vissuto a Boville, nella frazione di San Lucio: «Dove torno appena posso dai miei genitori Pietro e Rossella che stravedono per nostro figlio Lorenzo di un anno e mezzo». Pane e sacrificio. Esattamente. Il preparatore atletico del Frosinone è infatti il pendolare del gruppo: 140 chilometri al giorno, da Morena dove si è trasferito appena sposato al quartier generale giallazzurro («è giusto che mi sposti io, mia moglie lavora a Roma… anche se alla fine impiego meno io ad arrivare al Centro Sportivo di Ferentino che lei in centro a Roma»).

Capogna è laureato in Scienze Motorie all’Università di Cassino dal 2004 e in Fisioterapia all’Università di Tor Vergata a Roma dal 2007 (“ma ho svolto il tirocinio all’Ospedale Santa Lucia” ci tiene a precisare): «La doppia laurea – confessa con un pizzico di orgoglio che quasi fa a pugni con la sua grande dote che si chiama umiltà – mi ha permesso di avere una visione il più possibile ampia del lavoro. Anche se confesso una cosa: quando decisi di affrontare il percorso di Fisioterapia non pensavo al calcio ma ad aprirmi degli sbocchi diversi nel lavoro. Scienze Motorie, abitando in un paesino di provincia, poteva darmi lavoro solo in palestra. Con Fisioterapia avrei allargato gli orizzonti anche alla Riabilitazione».

Nel Frosinone arriva nella stagione 2006-’07, quando mosse i primi passi nella formazione Primavera: «Esattamente quando feci la domanda per il concorso a Fisioterapia, coincidenza…».

E prima? Il calcio scorreva nel sangue. Il calcio di provincia: «Ho fatto tutto il settore giovanile del Boville ed ho giocato in Seconda Categoria. Poi ho fatto prevalere lo spazio da dare agli studi». Ma nel suo cammino di preparatore, prima del Frosinone, c’è una esperienza quasi pionieristica: «Sì, con la Bovillense. Vincemmo lo spareggio di Terza Categoria con il Colli al Nazareth di Isola del Liri nella stagione 2005-‘06». Sembrano anni luce fa. Quello stesso anno il Frosinone saliva per la prima volta in serie B dopo un altro spareggio, quello col Grosseto.

E la carriera del professor Gianluca Capogna che nel frattempo stava studiando per portare a casa la seconda laurea, cambia. «Il professor Fabio Genovese, in organico all’epoca nel settore giovanile giallazzurro, sale in prima squadra con lo staff del tecnico Ivo Iaconi. Siamo entrambi di Boville, amici. Lui mi chiamò e mi disse che serviva un preparatore alla Primavera, allora allenata da Gigi Corino. Fu la mia mia esperienza importante. Con me c’erano, tra gli altri, Luigi Lucchese e Matteo Dolcemascolo. Ragazzi che ricordo con grande piacere. Erano i classe ’88, ci allenavamo a Ripi».

Quasi 14 anni nello stesso club. Un record. Con tutti gli staff che si sono succeduti: da quello di Stellone a Marino, da quello di Longo a Baroni fino allo staff attuale di mister Nesta. Quanto sente cucita addosso la targhetta di ‘uomo della Società’? D’altronde Capogna ha conosciuto a 360° il mondo-Frosinone. Il ‘prof’ confessa: «Non mi stancherò mai di ringraziare il direttore Ernesto Salvini: a lui debbo tanto. Ha creduto con me, come ci ha creduto il presidente Maurizio Stirpe. Sono quelle cose che ti restano a pelle, per tutta la vita. Con il direttore Salvini c’è un bellissimo rapporto di cordialità del quale vado fiero».

In questi 14 anni al Frosinone mai uno sguardo attorno? «Sono sincero, non ho ricevuto mai nessuna richiesta. E poi la verità è anche un’altra: le mie stagioni coincidono così tanto l’una con l’altra, un finisce e l’altra riprende dopo 10 giorni di ferie. Finita l’emozione, si riparte. E non pensi mai di dover lasciare un posto dove stai benissimo».

Svela un aneddoto: «Il giorno del compleanno è il 15 maggio: la prima promozione in serie A arrivò il 16… Il regalo più bello. Ma i giorni attorno a quella data per me o sono bellissimi oppure tristi. Come il 18 maggio 2018 ad esempio».

Ma qual è il segreto per restare così tanto tempo nella stessa Società? «Il segreto è stare in una Società composta da dirigenti competenti. Mi sento gratificato. Ho potuto lavorare sempre tranquillamente, esprimere tutte le mie capacità senza alcun tipo di interferenze. Quando lavori con i ragazzi, loro vedono la nostra figura come quella che li aiuta a costruire un percorso di crescita».

Rewind del nastro. Da quell’esperienza nella Primavera, 5 anni di coordinamento sempre nell’ambito del settore giovanile. «C’eravamo io e Monaldini per tutte le squadre giovanili nazionali e in quegli anni credo sia stato fatto un buon lavoro atletico». E nel 2011-’12 un’altra pietra miliare della carriera: «Il primo anno di Roberto Stellone alla guida della Berretti. Vincemmo il titolo nazionale. E con quei ragazzi del ’93 e del ’92 si fissò un rapporto eccellente, ancora oggi c’è grande empatia. Tra questi ci sono Gori e Paganini ma anche tanti altri che il Frosinone ha cresciuto e che oggi giocano altrove».

Un’immagine di qualche anno fa, catturata a sua insaputa, emoziona il professor Capogna: era l’anno del ritorno in serie B, questo ragazzo in attesa dell’allenamento al Comunale, mangia in macchina. «Sì, grazie per avermelo ricordato. Era il periodo in cui dovevo coniugare gli allenamenti con i vari corsi di perfezionamento. Una cosa che la mia famiglia mi ha insegnato: l’umiltà e la continua ricerca del miglioramento. Oltre al rispetto del prossimo. Valori che mi porto dentro».

Caratteristiche che lo hanno fatto ben volere da tutti: «Ed anche io ho di tutti, tecnici, staff e giocatori che sono passati qui, un gran ricordo».

Capogna entra nello specifico del suo lavoro. E ci tiene a sottolineare un aspetto: «Molti mi conoscono come preparatore atletico, io sono anche Fisioterapista, un ambito professionale che cerco di mantenere sempre ad alti livelli. In questi ultimi 4 anni, ci tengo a dirlo, il ruolo di recupero degli infortunati si unisce benissimo al mio percorso di preparatore e fisioterapista. Infatti, superata la fase acuta dell’infortunio che viene svolta dai fisioterapisti dietro indicazione dello staff sanitario, i giocatori passano a lavorare con me. Un connubio che mi arricchisce anche sotto il profilo umano. Quando il calciatore è infortunato – rivela Capogna -, mette a nudo aspetti del carattere che non conosci. E si crea empatia col calciatore. Loro lo ricordano negli anni, anche dopo che sono andati via, perché ti identificano come qualcuno che li ha aiutati in un momento difficile della carriera».

L’aneddoto finale c’è: «Ricordo che Daniel Ciofani era appena rientrato dopo il lungo infortunio con l’Empoli, segnò due reti. La settimana successiva entrò in palestra con un pacco sotto braccio, c’era la sua maglia di quella sera con dedica a me». Emozioni no-stop di una vita in giallazzurro.

Giovanni Lanzi

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